Pubblicato su politicadomani Num 90 - Aprile 2009

Diritto al paesaggio
Dalla pianificazione delle città fossili ai PUC


Il pensiero di Le Corbusier sullo sviluppo urbano, accolto nella Carta d'Atene del '44, è stato stravolto dalla crescita abnorme delle metropoli degli anni '80. Restituire alle città una dimensione umana è il compito dei moderni piani regolatori

di Antonio Guarino

Sulle pagine di questo giornale, a partire dal presente numero intendiamo affrontare e/o stimolare una discussione sulle sorti di un territorio come quello napoletano, in particolare quello dell'area nord-occidentale, dove convivono zone di pregio ambientale e storico con altre - sempre più diffuse - di abbandono e di degrado.
Oltre agli approfondimenti atti a conoscere le caratteristiche di tale area affronteremo le problematiche relative alla pianificazione urbanistica.
Punto centrale della discussione è la proposizione dei diversi livelli dei piani urbanistici, così come già contemplava la Legge Urbanistica n. 1150 del 17 agosto 1942.
Nel pieno della seconda guerra mondiale il governo fascista approva una legge che recepisce parte delle proposte oggetto del dibattito urbanistico europeo avviato tra gli anni 20 e 30 del '900, che viene riportato nella Carta D'Atene del '44 da Le Corbusier.
Fu il noto architetto a formulare per primo la filosofia di una pianificazione delle "città fossili": si tratta degli agglomerati urbani nati in seguito alla grande disponibilità di petrolio e carbone che hanno dato origine ai centri industriali, intorno ai quali si sono addensate per anni generazioni di popolazione sfuggita alla miseria delle campagne e al sottosviluppo delle regioni povere.
La suddivisione della città pianificata da Le Corbusier in zone funzionali separate - per le abitazioni, il lavoro, i negozi, il divertimento -, ha creato le condizioni ottimali per un uso di massa dell'automobile, trasformando le città "a misura d'uomo", in crescenti metropoli a misura di Chrysler, Volkswagen, Peugeot e Fiat.
Verso la fine degli anni '80, tuttavia, il movimento del New Urbanism inizia a mettere in discussione questo modello di sviluppo "periurbano", criticando pesantemente l'assetto delle moderne periferie, definendole un "sistema di parcheggio" degradato e anonimo, frutto di una concezione della pianificazione urbana fondata sugli assiomi energivori e inquinanti che stanno alla base della "Carta d'Atene".
Con la nuova legge quadro nazionale e con quella regionale restano invariati, rispetto alla legge del 1942, i diversi livelli di pianificazione: dal Piano Territoriale Regionale, attraverso il Piano di Coordinamento Territoriale Provinciale, si raggiunge il Piano Urbanistico Comunale (PUC) e via via si scende sempre più nel dettaglio con i piani e i regolamenti attuativi.
C'è, da una parte, una visione d'insieme che aspira a dare armonia alle trasformazioni e alla crescita urbana; dall'altra ci sono le spinte locali, i bisogni e gli interessi dei cittadini e delle classi imprenditoriali. Attorno a questa articolazione si sviluppano tematiche relative al paesaggio, alle risorse locali e, più tardi, con la crescita delle città lungo tutto il '900 basata sull'energia fossile, il tema della necessità di avviare uno sviluppo sostenibile, sfruttando in particolare le nuove tecnologie per produrre energie rinnovabili. Dove il consumo energetico è più alto, e cioè nei nuclei urbani e, in particolare, nelle grandi città, il PUC dovrà assolvere la funzione di strumento di urbanistica sostenibile.
Importante, inoltre, è sottolineare le indicazioni a livello Europeo.
Con la convenzione Europea sul Paesaggio del 2000, trasformato successivamente nelle singole nazioni dell'Unione Europea in leggi (in Italia ciò è avvenuto con la Legge 14 del 9 gennaio 2006), si avvia un processo che trova nei Piani gli strumenti per la sua affermazione.
Questa convenzione stabilisce il Diritto di ogni cittadino al buon paesaggio, in quanto "il paesaggio è in ogni luogo l'elemento importante della qualità della vita delle popolazioni nelle aree urbane e nelle campagne, nei territori degradati, come in quelli di grande qualità, nelle zone considerate eccezionali come quelle della vita quotidiana".
Il paesaggio è sottolineato perché esso svolge un'importante funzione di interesse generale e può contribuire alla creazione di posti di lavoro partendo da quelle che sono le risorse locali. L'obbiettivo è di proporre un progetto produttivo che promuova le potenzialità intrinseche del territorio e affidi il compito di preservare e sviluppare il buon paesaggio ad elevi attività lavorative antiche e nuove dando elevandole così al nobile rango di custodi del territorio. L'agricoltura, anche se residuale, l'artigianato, il commercio, l'industria sostenibile dovranno essere intese ed essere di fatto portatori di produzioni che non mortificano né degradano il paesaggio ma, piuttosto, lo valorizzano.

 

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